Nel sestiere veneziano di Dorsoduro si nasconde timidamente l’elegante Ca’ Rezzonico, oggi sede del Museo del Settecento Veneziano. Come se fosse uno scrigno, questo elegante palazzo è racchiuso da una parte da un bellissimo giardino “segreto” e dall’altra dalle morbide e sinuose sponde del Canal Grande. Dal XVII secolo fu la dimora privata della ricca famiglia Rezzonico, originaria di Como, che entrò nel patriziato veneziano nel 1687, versando la considerevole somma di 100.000 ducati alle casse dello stato veneziano per sostenerlo durante la Guerra di Candia. Dopo la morte dell’ultimo membro dei Rezzonico nel 1810, il Palazzo passò nelle mani di diversi proprietari e l’arredo originario andò purtroppo disperso finché, nel 1934, il Comune di Venezia ne entrò in possesso e lo trasformò in un incantevole museo.

 

Ca’ Rezzonico è ricca di sorprese: nobili saloni, eleganti e sfarzosi mobili e specchi, collezioni di delicate porcellane e maioliche, lampadari fantasiosi, alcuni con adirittura 20 bracci riccamente ornati da fiori di cristallo colorato. Tutto questo scoppiettare di bellezza lascia sempre di stucco i visitatori che vi si addentrano e si lasciano cullare da cotanto sfarzo.


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Tra i suoi mille tesori, al secondo piano, il Museo di Ca’ Rezzonico conserva alcuni strabilianti affreschi eseguiti dal grande pittore Giandomenico Tiepolo, figlio dell’ancora più celebre Giambattista. Giandomenico, libero da ogni committenza, realizzò questi affreschi per la sua villa di famiglia a Zianigo (VE) fra il 1759 e il 1797. Nel XX secolo gli affreschi furono asportati e, dal 1935, sono custoditi a Ca’ Rezzonico, secondo l’originario ordine.

 

L’attenzione del visitatore è catturata sicuramente dall’affresco più grande, cinque metri per due, dal titolo “Mondo Novo“. La particolarità è che i personaggi ritratti danno le spalle all’osservatore, che desidera capire cosa sta succedendo, come se si trovasse durante le riprese di un film: una folla di personaggi indistinti, appartenenti a ceti sociali diversi, si schiacciano uno accanto all’altro privandolo del loro sguardo. Ricchi e poveri, adulti e bambini, vestiti con giubbe, parrucche, cappelli e cuffie si affollano in modo quasi febbrile ed aspettano il loro turno per guardare dentro il “cosmorama”, una sorta di lanterna magica capace di proiettare luoghi esotici, nuovi e sconosciuti detta anche “Mondo nuovo”. Una curiosità: questo strano nome veniva dai viaggi di James Cook, il celebre esploratore britannico che pochissimi anni prima aveva scoperto nuove terre esotiche e lontane (come Hawaii, Australia e Nuova Zelanda), che fece conoscere ai popoli del Vecchio Mondo tramite una serie di incredibili dipinti.

 

Giandomenico Tiepolo in questo affresco decise di capovolgere il punto di vista classico: l’osservatore resta spiazzato e desideroso di capire perché i personaggi gli diano le spalle e gli neghino il loro sguardo. Chi sta osservando l’affresco si ritrova dunque catapultato tra la folla, aspettando il proprio turno per ammirare le immagini incredibili e mirabolanti del “mondo nuovo”.

 

Giandomenico Tiepolo era un pittore davvero moderno e visionario, con una capacità di rappresentare in modo efficace e immediato la gente del suo tempo. Con questo singolare affresco, infatti, Giandomenico intendeva rivolgere una critica alla sua società contemporanea, che riteneva effimera, egoista e basata su valori superficiali quali il divertimento e il lusso. Ma fece anche una premonizione, che poi si avverò: quella della Serenissima di fine ‘700 era una società che lentamente si stava sgretolando, e che era ormai sulla via dell’inevitabile tramonto.

 

A Venezia di “Mondi Novi” ne conosciamo altri: uno è un dipinto di Pietro Longhi che si trova alla Querini Stampalia e il secondo è la citazione di un celebre commediografo di quell’epoca…